Del nuovo Parlamento abbiamo finora notizie poco più che di cronaca. Ma ci sono già lavori in corso da tenere sotto controllo.
Il gesto simbolico e forte della riduzione di stipendio da parte dei presidenti delle due Camere ha naturalmente aperto una corrente di simpatia verso questa Istituzione. Resta da vedere se la seconda parte dell’impegno, e cioè il raddoppio delle ore di lavoro da parte del Senato e della Camera e la riduzione degli stipendi dei dipendenti, siano obiettivi realizzabili con altrettanta sollecitudine. Tra i neoeletti, al di fuori delle polemica su cariche, mense e ristoranti, in molti si affrettano a depositare proposte di legge o interpellanze sui temi più disparati al governo in carica per l’ordinaria amministrazione. I Cittadini eletti dai cittadini ripercorrono e insistono su temi già all’attenzione del Governo, ma inspiegabilmente rinviati finora, come il pagamento dei debiti della PA ai fornitori in sofferenza. Su questo il Parlamento è pronto da subito a ratificare l’operato del Governo, il quale però sembra ancora discutere sui tempi e le quantità erogabili. C’è da immaginare che chiunque ci sarà al posto di Grilli o di Passera si troverà di fronte gli stessi dilemmi.
Prendiamo invece i temi energetici e ambientali. C’è chi leva gli scudi contro la realizzazione di piattaforme di trivellazione di petrolio a mare, peraltro non ancora autorizzate, contrapponendole alla fauna sottomarina, ma anche ai piani di eccellenza vitivinicola. No Oil, No Gas e No Wind perché, tra gli interroganti, c’è chi cerca di porre limiti alla possibilità di avere pale eoliche off-shore. Insomma autonomia, sostenibilità e sicurezza dell’approvvigionamento energetico, che sono la chiave della Strategia Energetica Nazionale verranno contrastate anche in Parlamento dai territori?
Pensare che negli USA di Obama, dove pure il disastro del Golfo del Messico brucia ancora, il gas (anche shale) ed il petrolio stanno salvando l’economia e la leadership del Paese, come è già avvenuto altre volte nella storia. Se anche l’Italia volesse approfittarne, ne guadagnerebbe da mezzo a un punto di PIL (vedi questo articolo di Massimo Nicolazzi ).
Al culmine del paradosso Nimby che attraversa il Bel Paese c’è chi chiede all’E.ON di Fiume Santo in Sardegna di tornare al carbone perché la “furbata” dell’olio combustibile risulta essere più cara e inquinante. Cose che capitano alla fine dei conti.
Più pragmatiche le interrogazioni da parte dell’On. Realacci di concedere sgravi per l’edilizia sostenibile.
Insomma la questione energetica è e resterà un terreno chiave per la ripresa, per la crescita, e i passaggi più o meno decisivi (e assai numerosi) definiranno gran parte del sentiero italiano che conduce alla crescita, o alla decrescita.
Massimo Micucci